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L’Assemblea Permanente di Urbino rivendica: “Questo non è il nostro statuto!”

Volantinaggio del movimento studentesco di Urbino all'assemblea d'ateneoLo Statuto dell’Università degli Studi di Urbino non ci interessa. Un’affermazione difficile da sostenere per chi ha lottato contro la riforma Gelmini e la dismissione dell’università pubblica. Difficile anche alla luce del tentativo fatto dal movimento studentesco di ottenere l’apertura di un processo realmente democratico all’interno della nostra università. Ma, nonostante tutto, rimane l’unica affermazione possibile a questo punto.
 

Questo statuto non ci interessa perché è frutto di un processo antidemocratico e l’assemblea d’ateneo convocata solo ora dal Rettore non è un’assemblea perché non sarà possibile in questa sede prendere alcuna decisione realmente condivisa. Si tratta per il Rettorato di comunicare quanto è stato deciso tra pochi, dando a questo momento la parvenza di uno spazio democratico.

Quando lo scorso anno 500 tra studenti, dottorandi e ricercatori chiesero in un documento congiunto l’inserimento in commissione statuto di una maggior rappresentanza studentesca e di rappresentanze per dottorandi e precari, le proposte formulate non vennero neanche prese in considerazione. I componenti della Commissione Statuto sono stati di fatto scelti dal Rettore e dai baroni più influenti. In una situazione di questo tipo una prassi di tipo emendativo risulta impercorribile anche per i più volenterosi.

Oggi sentiamo il bisogno di ricominciare ad occuparci dei processi reali che stanno sconvolgendo il mondo della formazione ed il diritto allo studio in questo paese ed in questa città. Discutere sui singoli articoli della riforma Gelmini o dello Statuto diventa un esercizio di stile che non ci interessa più. Alla riforma mancano i decreti attuativi, allo statuto i regolamenti, e comunque nessuna di queste norme ci dice che fine farà l’università.
 
Per quale ragione interveniamo quindi in questa occasione? Per dichiarare pubblicamente la nostra strategia rispetto a quanto sta accadendo nel mondo universitario in generale e nel nostro ateneo in particolare. Non ci lasceremo più ingannare dalle finzioni concertative. Non apriremo nessun tavolo e non parteciperemo ad alcuna governance. Per fare questo ci impegneremo in un lavoro di inchiesta e di denuncia. Mostreremo il Re nudo, incapace di gestire i servizi minimi, di garantire la didattica e di dare spazio alla ricerca.  Daremo corpo all’indignazioneche cova in una comunità impoverita, come quella accademica sicuramente ci appare.

L’università viene normalmente considerata il futuro di un paese. Da quanto emerge dal processo attraverso il quale si è arrivati a questa assemblea d’ateneo ed all’attuale formulazione dello statuto risulta evidente quanto preoccupante sia questo futuro. Corporativismo, cooptazioni e assenza di un dibattito pubblico serio e trasparente sono le principali caratteristiche che condannano un sistema che ha perso le sue capacità di progettazione e non riesce più a rappresentare una speranza per i giovani. Se per noi è evidente la dismissione dell’università pubblica, per qualcuno questo momento si sta rivelando un’occasione.

Non è vero che il processo di dismissione dell’università colpisce tutti allo stesso modo. Questa è la prima denuncia che va fatta. Il corpo universitario non è compatto, l’università pauperizzata è un campo di battaglia. Uno sguardo all’offerta formativa della Carlo Bo può dare l’idea di quanto sta accadendo: rispetto all’a.a. 2005/2006, anno in cui si conclude la fase di proliferazione dei corsi di laurea, oggi il numero dei corsi attivati dall’università di Urbino si è dimezzato, nonostante il Rettorato si ostini a mentire. Il problema qui non riguarda solo la riduzione dei corsi, ma il fatto che chiusure e accorpamenti non sembrano assolutamente rispondere a criteri didattici o scientifici.

La tanto decantata ‘razionalizzazione’ si sta risolvendo in una spartizione tra  poteri accademici che si gioca tutta all’interno dei ‘nuovi’ dipartimenti (guidati da ‘vecchi’ baroni) in gurera tra loro, dove gli studenti non hanno alcuna voce in capitolo e la qualità dei saperi va via via regredendo. Continueremo ad indagare il danno culturale  causato dalla chiusura di corsi come quello di filosofia e in parallelo costruiremo, all’interno degli spazi che abbiamo conquistato in questi anni (C1Autogestita e Anfiteatro Liberato del Tridente), seminari interdisciplinari di autoformazione che rappresentino un’alternativa a questa università in decadenza. Meritiamo di meglio.

Questa università  ad oggi non è nemmeno in grado di accogliere degnamente persone con disabilità. Nonostante vi siano svariate disposizioni normative volte a garantire pari diritti e pari dignità alle persone con disabilità, oggi queste ultime si vedono di fatto discriminate all’interno del nostro ateneo.

Chiudiamo annunciando la convocazione di un’assemblea generale studentesca per mercoledì 12 ottobre alle ore 21 presso l’Anfiteatro Liberato del Collegio Tridente. Riapriremo in quella sede alcune delle problematiche che colpiscono la comunità studentesca: lo ‘snellimento’ a cui sono sottoposte le borse di studio e l’inserimento di procedure di indebitamento studentesco, l’incertezza riguardo il futuro della convenzione sul trasporto degli studenti (anche di quelli disabili) che rischia di scomparire da gennaio, la condizione degli alloggi e il regolamento abitativo, l’aumento del costo della mensa e la qualità del servizio e tutto quanto emergerà nella discussione. Il nostro autunno è appena cominciato e la vostra crisi siamo noi!  

dall’assemblea Permanente
le studentesse e gli studenti in mobilitazione

Redazione Pesaro Notizie
Pubblicato Giovedì 6 ottobre, 2011 
alle ore 15:12
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