Messenger, Skype e WhatsApp. Sono questi gli strumenti – alcuni nuovi, altri più datati ma ancora “funzionanti” – attraverso cui è stato messo in atto il più comune dei reati nell’era di internet: quello di spacciarsi per un’altra persona, spesso un adolescente, adescare un/a minorenne e convincerlo/a a far circolare in rete foto e filmati video hot.



E’ questo quanto emerso dalla vasta operazione antipedofilia della polizia postale di Udine che ha visto coinvolte persone anche nella città di Pesaro, ma in generale 24 indagati in tutta Italia. Tutti tra i 29 e i 54 anni ad eccezione di due ultra65enni che si scambiavano materiale pedopornografico sul web attraverso questi canali ormai conosciuti da tutti i minorenni senza però capirne veramente i rischi.

L’adescamento avveniva principalmente sulle community e sui social network dove la richiesta di amicizia e lo scambio di dati sono frequenti e spesso non controllati: da lì in poi avveniva lo scambio di altre informazioni e soprattutto dei contatti su altri dispositivi per potersi tenere in “touch”; infine la richiesta di passarsi materiale osè, come foto e video.

L’indagine è partita dalla denuncia dei genitori di una bambina di dodici anni, adescata da un 50enne che stava per srtapparle l’invito a un appuntamento, evitato solo grazie all’intervento della Polizia di Udine.

Tra i materiali sequestrati vi sono: 22 computer, 46 hard disk, 46 pen drive usb, 50 telefoni cellulari e sim card, 11 memory card, 508 supporti tra CD e DVD e varia documentazione, utile alle indagini. Sono emersi circa 7000 messaggi su Whatsapp (un’app che sfrutta la connessione internet del cellulare) e 100 chat su Skype.

di Carlo Leone