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Fano: subisce stalking e minacce da parte del compagno “premuroso”

Dietro il misterioso stalker si nasconde l'uomo che le stava accanto

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Dopo i giorni dedicati a incontri e convegni sulla sensibilizzazione contro la violenza sulle donne, giunge alla luce un altro sconcertante caso di violenza di genere che ha coinvolto una coppia residente a Fano. Una donna, madre di due bambini e separata, costretta a subire pesanti atti di stalking, minacce e violenze psicologiche di ogni genere da un presunto sconosciuto.

Se non fai sesso con me sciolgo i tuoi figli nell’acido davanti a te, poi uccido il siciliano, il padre delle tue bimbe, tua madre e dò fuoco all’auto“, così recitava l’ultimo dei ben 176 messaggi lasciati sul telefono cellulare della donna, inviati dalla stessa cabina telefonica. Fortunatamente il testo ricattatorio con l’inquietante minaccia è risultato coerente solo per quanto riguarda la Fiat Bravo della donna, bruciata in una notte di follia.

La cosa davvero incredibile dell’amara vicenda è che pian piano i sospetti della donna, grazie alla testimonianza di alcuni amici, si sono trasformati in una insospettabile verità. Sospetti che lentamente ma in maniera inesorabile hanno cominciato a ricadere sul compagno premuroso che da qualche tempo le stava accanto, il “siciliano”.

Ed è stato proprio il “siciliano” ad aver architettato tutto, apparentemente senza movente se non – a quanto si presume – disturbi accentuati a livello psichico da parte dell’uomo. Già finito in manette, dopo che la donna aveva trovato il coraggio di denunciarlo, con una sequela di violazioni e reati (stalking, incendio, minacce e tentata estorsione), il giudice Giacomo Gasparini e il pm Mario Tombari nella giornata del 27 novembre hanno ascoltato la vittima che davanti alle domande dell’avvocato difensore del colpevole, Enrico Cipriani, ha confessato di aver continuato a mantenere rapporti con il “siciliano” anche dopo il carcere, continuando a scrivergli. Durante la prossima udienza, fissata per il 19 dicembre, giudice e pm avranno modo di ascoltare anche l’imputato per emettere la sentenza definitiva.

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