SPI Cgil Pesaro: no alla vendita del centro di accoglienza anziani “S. Colomba”
Nota del sindacato pensionati Cgil su ipotesi vendita della casa di riposo e tagli ai servizi sociali
Stiamo seguendo con molta preoccupazione il dibattito che si è aperto sulla vendita ai privati del Centro di accoglienza anziani “S. Colomba” di Pesaro, ipotesi che potrebbe mettere in discussione il mantenimento di un servizio pubblico con un elevato valore sociale per l’intera comunità pesarese.
Il nostro è un territorio dove la longevità costituisce motivo di orgoglio perché rappresenta un indicatore della qualità della vita, data dal benessere sociale, economico ed ambientale. Quello della longevità è, fortunatamente, un dato destinato ad aumentare nei prossimi anni in modo esponenziale e non vorremmo che l’orgoglio si trasformasse in “problema”.
Perciò occorre che chi ha “pubbliche responsabilità” si prepari fin da ora a mantenere e/o a riorganizzare la risposta sociale da offrire alla popolazione anziana e, in via prioritaria, a quei cittadini anziani non più autosufficienti.
Oggi nella provincia di Pesaro Urbino ci sono più di 10 mila persone non autosufficienti. Nel territorio dell’Ambito territoriale sociale 1 di Pesaro (comprendente 9 comuni) ve ne sono oltre 3.000.
Si vive più a lungo e aumentano gli ultraottantenni, molti di questi però presentano un alto livello di fragilità dovuto ai rischi di povertà, malattia e solitudine. La situazione rischia di diventare drammatica a causa dei pesanti e ulteriori tagli che il Governo nazionale, si appresta a scaricare su tutti gli Enti locali e che andranno a colpire il nostro sistema di welfare con una ricaduta sui servizi sociali rivolti alle categorie più deboli.
Per questo auspichiamo che Regione, Provincia e Comuni avviino congiuntamente una seria e compiuta riflessione non solo sul futuro di S. Colomba ma sulla necessità di riformulare un nuovo sistema pubblico di protezione sociale capace di rispondere meglio alle esigenze concrete della nostra società.
A tal fine riteniamo utile che le istituzioni procedano in tempi brevi ad un confronto ampio con le forze sociali interessate. Sono questa a nostro avviso le vie obbligate se non si vuole che la vecchiaia (spesso associata alla malattia) venga immessa nel “libero mercato” e perda i valori della dignità della persona, dei diritti di cittadinanza e della necessaria solidarietà collettiva.
da Marina Druda
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