Occupy Parade a Urbino, il 17 novembre una giornata da rivendicare

Alle 16.30 è partito il concentramento in piazza della Repubblica, occupata da una settimana, ormai luogo di partecipazione e di rivendicazione di spazi e diritti, in attesa di muoverci per la “Occupy Parade” lungo le strade di Urbino. Dietro lo striscione “Fuori dau Palazzi riprendiamoci le strade” si è incamminato un corteo che aveva come tappe fondamentali i vari palazzi del potere locale contro cui si è rivolta questa prima fase di mobilitazione.
Il primo appuntamento è stato davanti alle sedi dell’ Ersu e di Banche Marche, la cui adiacenza è emblematica. Con questa azione simbolica abbiamo voluto denunciare la campagna congiunta sui prestiti fiduciari agli studenti che aprirà la strada all’indebitamento studentesco, ennesima dimostrazione di come in questo paese il pubblico non solo viene progressivamente sostituito dal privato ma ne asseconda le logiche di profitto e le modalità gestionali. L’ERSU (ente pubblico per il diritto allo studio marchigiano) riduce drasticamente le borse di studio (circa 1600 euro in meno a studente borsista) e pubblicizza nei propri spazi i prestiti fiduciari di Banca Marche ( una società privata).
Arrivati avanti al palazzo del Comune di Urbino si è invece ribadita l’esigenza di spazi sociali e culturali dove poter valorizzare quella voglia di partecipazione e aggregazione che in una settimana di occupazione si è ormai resa manifesta agli occhi di tutti, dalla cittadinanza alla comunità studentesca. Un segnale chiaro e deciso a chi amministra le politiche sociali, giovanili e culturali della città: ci siamo ripresi le strade e ci prenderemo anche gli spazi di cui abbiamo bisogno. Perché le città sono di chi le vive e non di chi le amministra.
Successivamente il corteo è giunto al Rettorato. È stato “sigillato” il portone per contestare una pratica gestionale di stampo autoritario, che a più riprese abbiamo denunciato, e che ci ha portato alla decisione di continuare le nostre lotte al di fuori di quel frustrante dialogo istituzionale che si è dimostrato nei fatti sterile, infruttuoso e, a volte, controproducente. Fuori da quei palazzi continueremo a vigilare sulla cattiva gestione di questo ateneo, gestione privatistica, in quanto relegata nelle mani di poche persone, che decidono in base a criteri personalistici e discrezionali della vita dell’ intera comunità universitaria, rinchiusi nei loro uffici, senza alcuna trasparenza nei metodi e nei contenuti dei processi decisionali, che vengono, ottusamente imposti dall’alto.
Essendo consapevoli delle scelte sbagliate già prese e del declino a cui va incontro la città di Urbino e la sua Università, avendo negli scorsi anni proposto soluzioni rimaste inascoltate, abbiamo deciso di lasciare unicamente a chi amministra, e gestisce la svendita dell’ Università pubblica sul territorio, le responsabilità politiche e sociali che ne seguiranno. Partecipare in modo propositivo alla gestione dell’Università significherebbe per noi accettare le logiche neo-liberiste, escludenti e feudali, che caratterizzano le linee guida all’attuazione della legge Gelmini e che già prima caratterizzavano il mondo universitario. Partecipare “in modo responsabile” significherebbe esserne complici.
Il corteo, scortato da uno spropositato dispiegamento di forze dell’ordine, è proseguito fra musica e interventi al megafono fino a tornare in piazza della Repubblica. Dopo una sosta prolungata per riconfermare che “la piazza è nostra” abbiamo, rumorosamente, preso la strada in direzione del Commissariato di Polizia di Urbino. Dal commissariato siamo ripartiti alla volta dei collegi universitari concludendo la giornata di mobilitazione con concerti e musica all’ “Anfiteatro ‘liberato’ del Tridente”. La grande la partecipazione ci ha confermato la voglia di continuare sulla strada intrapresa, verso la riappropriazione di spazi di libera socialità e aggregazione.
Occupy Urbino non finisce qui, né voleva essere solo una settimana di accampata in piazza, bensì un punto di partenza, prima fase di una mobilitazione che vuole essere permanente. Occupy Urbino rimane nelle strade di questa città e nelle facoltà del nostro ateneo, nelle piazze e nelle assemblee, perché riprendersi gli spazi significa farli vivere, difenderli, estenderli e farne laboratori di partecipazione. Occupy Urbino diventa un laboratorio cittadino di elaborazione e costruzione di soluzioni alternative alla marginalizzazione dei nostri bisogni e alla espropriazione del nostro futuro. Uno spazio di denuncia e conflitto finalizzato alla creazione di soluzioni alternative al disagio sociale generato da questa crisi, che noi non vogliamo subire!
dall’Assemblea Permanente Urbino
Le studentesse e gli studenti in mobilitazione
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