Lupus in Fabula commenta la bocciatura di Urbino a capitale europea della cultura 2019
Adesso che non rischiamo più di essere considerati dei guastafeste, dopo la bocciatura subìta, vogliamo proporre una nostra considerazione: Urbino se la sarebbe meritata una nomina del genere? La città ha veramente cercato di affrontare e risolvere i problemi legati alla sua vocazione storica, alla sua identità, all’accoglienza intelligente dei tanti amanti dell’arte e dell’urbanistica rinascimentale che ogni anno, in qualità di turisti (culturali), cercano di visitare la nostra città?
E l’eterno difficile rapporto con la comunità studentesca, considerata semplicemente come una quantità di posti letto, apericene, feste di laurea e non come parte della cittadinanza, con diritti politici municipali precisi, ha avuto la svolta che meriterebbe?
Come Lupus in Fabula, ci pare che con la fine dell’epoca Bo-De Carlo, la città ha perso coesione sociale, e che l’idea della città Campus (come fonte di profitto), ha emarginato gli urbinati in quartieri mediocri interrompendo irrimediabilmente le relazioni umane di paese che la comunità ancora manteneva. Non c’è più rapporto sano fra il numero di residenti dentro le mura e la massa di studenti che vi abitano. Questo spiega, anche se non giustifica, vandalismo, abbandono e (inenarrabili) trivialità notturne.
Il problema della mobilità e dei collegamenti non è stato minimamente affrontato: i disagi per raggiungere urbino e lo scandalo del centro storico più aperto d’Italia (anche se fra i più spopolati) sono gli stessi di vent’anni fa. Un centro storico dove si parcheggiano allegramente mezzi commerciali, privati e persino comunali davanti a monumenti patrimonio dell’Unesco al punto da rendere vane le aspettative di fotografi di tutto il mondo
La città non è attrattiva neppure per i professori universitari, che da anni ormai hanno abbandonato l’idea di trasferirsi stabilmente a Urbino, concentrando così in sole due-tre giornate le attività didattiche e accademiche dell’Università. Ci sono giornate in cui la depressione sociale la fa da pedrona, altre in cui l’euforia rasenta o supera la goliardia più sguaiata.
Rispetto poi alla colata di cemento che ha distrutto Santa Lucia, o alla trasformazione del consorzio agrario in attività commerciale, due realtà che, se dovessero avere successo, distruggeranno definitivamente le attivà economiche del centro ormai storico, preferiamo lasciare la parola a Paolo Volponi, che in La strada per Roma, così già si esprimeva sulla “innovativa” politica della sua città: “E’ un progetto insensato, come tutti quelli che sono stati fatti finora: tagliare una collina e riempire una vallata, deviare una strada importante e farla passare sotto le mura, costruire un’autostrada, fare una zona alberghiera, creare stabilimenti tipografici perché ci sono due rilegatori disoccupati, oppure fabbriche di…”.
Parole che dovrebbero far riflettere anche oggi.
da Lupus in Fabula
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