Non sottovalutare il valore della Domus di piazzale Matteotti
E’ indubbio che l’amministrazione comunale di Pesaro abbia commesso un grave errore, ricoprendo con teloni, polistirolo, terra e pietrame i resti della Domus di piazzale Matteotti a Pesaro. Altrettanto sbagliato sarebbe giustificare l’errore deprezzando lo scavo oggi sepolto, perché servirebbe solo ad alcuni politici per salvare la faccia e mettersi a posto la coscienza.
Politici che conosciamo, al contrario, per la loro intelligenza e capacità di mettersi in discussione, quando opportuno. Abbiamo notato come, in alcuni interventi pubblicati sui giornali, si tenti di mettere in relazione la Domus del Chirurgo di Rimini con quella pesarese, lodando la prima e disprezzando la seconda. La Domus riminese fu edificata alla fine del II secolo d.C e i suoi mosaici pavimentali sono indubbiamente splendidi, ma nascono dal gusto tardoimperiale destinato ad appagare i sensi nelle ore dell’otium domestico, con fastose decorazioni e la riscoperta dei miti classici.
La Domus di piazzale Matteotti rappresenta invece la sobrietà di chi lavora e riveste ruoli di responsabilità in una città dinamica della prima età imperiale. Chi fece edificare la grande casa romana, a ridosso delle mura e vicino a Porta Fano, dotata di locali spaziosi e di un hortus in cui si trovavano probabilmente bronzi e marmi riproducenti divinità ed eroi? Forse un comandante, un veterano fedele all’imperatore Ottaviano, gratificato con un ruolo politico di primo piano nella Colonia Iulia Felix Pisaurum. Di certo, un uomo importante, uno dei notabili che condussero la città di Pesaro al massimo fulgore economico e architettonico.
Chi ha deciso di seppellire la domus di piazzale Matteotti non si è reso conto del suo incommensurabile valore storico, urbanistico e architettonico, ma si è limitato a definire "poveri" e "poco significativi" i mosaici pavimentali. Niente di più sbagliato, perché vi è un pregio diverso, legato ad altri tempi, nella sobrietà di quelle astrazioni: la crux gammata, il quadrato, la stella del mattino. Il padrone della nostra dimora, fedelissimo all’imperatore e devoto ai Lares Augusti e al Genius – divinità protettrici del sovrano – gestiva realtà artigiane e commerciali. La sua domus, a ridosso delle mura cittadine – la più bella casa che si incontrava con lo sguardo, voltandosi verso destra dopo essere entrati da Porta Fano – era in contatto con i quartieri suburbani, collegata ad essi grazie a una strada privata, basolata e costeggiata da marciapiedi, dotata di una propria entrata esclusiva dalle mura di Pisaurum. Non bisogna confondere bellezza estetica e valori urbanistico-architettonici.
Opportunamente restaurata, la Domus pesarese si presenterebbe come una delle più preziose meraviglie delle Marche, con il suo atrium spazioso, l’impluvium per la raccolta dell’acqua piovana, il triclinium dove il signore della domus accoglieva i nobili ospiti, il pozzo (conservatosi intatto) nel’hortus, sacro alla Magna Mater. Il grande storico dell’arte Cesare Brandi, massimo esperto italiano riguardo alle tecniche di conservazione e restauro dei beni archeologici, che conobbi a Firenze alla fine degli anni 1970, amava dire che "la cultura non è sterile erudizione, ma viva conoscenza che accresce la coscienza". Riguardo alla conservazione di siti archeologici del tipo della domus pesarese, mi disse un giorno: "I millenni trasformano rovine e terra in un manto amorevole che protegge i beni archeologici. Guai a sostituire a quei delicati equilibri approssimazione e incuria. Intonaci, resti di pareti e soprattutto mosaici pavimentali devono essere trattati con grande cura, tenuti al sicuro dall’umidità e dalle infiltrazioni idriche".
La Domus di piazzale Matteotti è stata trattata in ben altro modo. La struttura, fragilissima, è stata coperta con teli di plastica che non la faranno respirare, mentre le tonnellate di terriccio bagnato costituiscono un ambiente umido contrario a qualsiasi norma conservativa, senza tener conto del pietrame che preme contro le deboli strutture e i mosaici pavimentali. Cesare Brandi insegnò che i è più gravi pericoli che uno scavo di quella tipologia può correre derivano da esposizione diretta ai raggi solari e umidità.
Ora è necessario evitare che si progettino parcheggi, garage o altre strutture sulla terra che copre la Domus e stabilire una rete di contatti – istituzionali e privati – finalizzati al corretto restauro e alla realizzazione di una struttura protettiva in vetro-acciaio che restituisca a Pesaro la sua Domus, traccia fondamentale e splendida per apprezzarne le origini romane e l’anima dedita, con sobrietà e laboriosità, a lavorare per il progresso sociale: un’anima che non l’ha mai abbandonata, ma, anzi, la rappresenta mirabilmente.
Da Gruppo Watching The Sky
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