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Gruppo Everyone: un comunicato a difesa dei Rom

La sera di sabato 21 febbraio 2009 un romeno di etnia Rom, Anton Caldarar, 26 anni, percorre a piedi via Togliatti, a Pesaro, in compagnia del nipote 17enne Mihai. Anton si è rifugiato in Italia dalla Romania due mesi fa, per sfuggire una situazione di indigenza ed esclusione sociale assai grave.




Ha cercato lavoro bussando a ogni porta, offrendosi anche per attività umili e di fatica e chiedendo il minimo della paga, ma non ha ottenuto risposta. "Quando capiscono che sono Rom, i colloqui si troncano improvvisamente e nessuno finora ha voluto mettermi alla prova". Il giovane ha un figlio di sei anni in Romania, presso i nonni, cui manda ogni settimana i pochi euro che riesce a racimolare con la questua, attività a cui si dedica dal mattino presto fino a sera, vagando da una città all’altra, sulla costa adriatica. Ha subito aggressioni e pestaggi da parte di razzisti a Ravenna e Pescara, eventi di cui ha reso testimonianza alla Commissione europea.

 La sera del 21 febbraio, Anton è stanco e infreddolito. Non ha ancora mangiato nulla. "Quando spendo denaro per nutrirmi," dice, "mi sento in colpa verso il mio bambino, perché ogni euro che risparmio e gli mando con ‘Western Union’ allevia la sua fame". Non indossa calze, il giovane padre di famiglia, e comincia a sentirsi male. "Aveva i piedi bluastri a causa del freddo," racconta il nipote. In via Togliatti, il ragazzo nota un cassonetto per la raccolta di vestiti usati. Si avvicina e si accorge che è aperto. "Mio nipote si è reso conto che stavo morendo di freddo e ha subito cercato un paio di calze e un maglione," racconta Anton. "C’erano pantaloni, gonne e altri vestiti ai piedi del cassonetto e non abbiamo mai pensato di fare qualcosa di illegale". Avvertita da un cittadino, però, una volante della polizia accorre sul posto. Anton sta malissimo e non si rende conto di essere in arresto. Gli agenti lo conducono alla Questura di Pesaro. Anton supplica gli agenti, disperato, di lasciarlo tornare a casa (Anton e il nipote vivono in un edificio dismesso, al freddo, senza acqua né servizi igienici).

 "A un certo punto mi sono messo a tremare, allora urlavo: ‘lasciatemi andare’ per amor di Dio. I poliziotti, però, mi hanno messo in guardina. Avevo paura per Mihai. Ha solo 17 anni, ma ha già due figli piccoli, uno dei quali vive in Romania, ma l’altro è qui a Pesaro e ha bisogno di noi". Anton chiede di fare una telefonata e avverte i parenti di quello che gli sta capitando. La mamma di Mihai e un cugino accorrono alla questura, dopo aver chiesto al Gruppo EveryOne – organizzazione internazionale per i diritti umani – di intervenire, spiegando agli agenti la situazione. Gli attivisti raggiungono Anton, Mihai e i loro parenti in questura. Mihai trema e si lamenta anche di fronte a EveryOne per l’insensibilità dei suoi piedi. "Abbiamo spiegato agli agenti quello che, secondo le testimonianze era realmente accaduto," dicono Roberto Malini, Dario Picciau e Nico Grancea di EveryOne, "ovvero che Anton, quando si è avvicinato al cassonetto, si trovava in ipotermia. Se la temperatura corporea fosse scesa sotto i 35 gradi, il giovane avrebbe rischiato gravi conseguenze. La cute cianotica intorno alle caviglie era un chiaro segno di danni da freddo. Abbiamo spiegato agli agenti che Mihai, il nipote, ha fatto la cosa giusta, tanto più che il cassonetto era già aperto. Per forzarlo occorre almeno una pala, mentre Anton e Mihai non avevano con sé alcuno strumento".

"I poliziotti ci hanno ascoltati attentamente," proseguono gli attivisti, "ma avevano già deciso di mandare il ragazzo in una comunità a Fano, giustificando il provvedimento con il fatto che si trattava di vagabondi. Abbiamo spiegato loro che la mamma del ragazzo era davanti alla questura e che essendo i due cittadini dell’Unione europea, avevano residenza in Romania e si trovavano a Pesaro per cercare lavoro. Il ragazzo poteva benissimo essere affidato alla mamma, tanto più che un figlio piccolo lo attendeva e aveva bisogno di lui. Niente da fare. Un’auto conduceva Mihai presso una casa di accoglienza a Fano. Anton, nonostante la nostra spiegazione degli eventi, veniva denunciato per ‘furto aggravato’. ‘Al di là delle motivazioni’," diceva un agente, "tutti devono imparare che la legge va rispettata e che noi poliziotti dobbiamo mantenere la legalità’. Abbiamo chiesto di parlare con un superiore, ma non era disponibile presso la Questura". Adesso Mihai, che è fuggito dalla comunità per tornare da sua madre, dalla sua giovane moglie e dal suo bambino, rischia di essere perseguito per la sua evasione oltre che per il ‘furto’, mentre Anton corre il pericolo di una condanna al carcere dopo processo per direttissima. La famiglia vive nel terrore e non si dà pace per quello che è accaduto loro: "Avevo freddo e c’erano davanti a me dei vestiti usati. Non so cosa ci fosse scritto sul cassonetto, perché non so leggere.

 Devo andare in prigione per questo? Forse è la legge italiana, non capisco più niente. Sono in Italia da poche settimane e mi hanno già pestato due volte, gridandomi ogni genere di insulto. Mio nipote vive come un fuggiasco, solo perché ha cercato di aiutarmi. Forse abbiamo sbagliato. Forse dovevo sedermi in strada e lasciarmi morire. Però sia io che mio nipote eravamo in buona fede. Non abbiamo mai rubato niente e non sapevamo che questa, in Italia, è la legge". In seguito ai fatti, la notizia raggiungeva i media locali. L’edizione di Pesaro del Resto del Carlino pubblicava – correttamente, in base alle informazioni ricevute – così la notizia: "Il fatto. Due romeni sorpresi in via Togliatti (…) C’è la crisi: rubano anche i vestiti destinati a poveri e malati. Sabato scorso gli agenti della volante intervenivano  in via Togliatti a Pesaro. All’arrivo della pattuglia, gli agenti hanno sorpreso due cittadini romeni a rubare degli indumenti dai cassonetti di raccolta dei vestiti usati a favore dell’Associazione Ail di Pesaro. I due sono stati bloccati e portati in Questura per essere denunciati a piede libero con l’accusa di furto aggravato". Locandine del Resto del Carlino presentavano alla cittadinanza il titolo a lettere cubitali.

Il nostro Gruppo chiede di incontrare il magistrato che si occupa delle indagini relative al caso, cui riferire le notizie e le considerazioni in nostro possesso e offrire la nostra mediazione di esperti riguardo alla presenza dell’etnia Rom in Italia e nell’unione europea. Sperando in una Vostra riposta favorevole, Vi porgiamo i migliori saluti.

Da Roberto Malini, Matteo Pegoraro, Dario Picciau
Gruppo EveryOne

Redazione Pesaro Notizie
Pubblicato Mercoledì 25 febbraio, 2009 
alle ore 11:28
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