PesarourbinoNotizie.it
Versione ottimizzata per la stampa

Ad Urbino l’università si mobilita contro il Ddl Gelmini

Logo della FLC-CGILFLC – CGIL e CISL – Federazione Università, insieme a tutte le organizzazioni e associazioni dei docenti, hanno proclamato una settimana di mobilitazione dal 17 al 22 maggio per rendere visibile, in ogni forma possibile, il malessere degli atenei.

Anche presso l’Università di Urbino le segreterie provinciali di FLC-CGIL e CISL – Federazione Università organizzeranno tale protesta. Sono in programma lezioni pubbliche e dibattiti con gli studenti. Un’intensa settimana, quindi, che avrà come momenti cloul’occupazione simbolica dei Rettorati, prevista per oggi martedì 18 maggio, e la manifestazione nazionale a Roma davanti alla sede del Senato che si svolgerà la mattina  del 19.   
                   
Questo il testo della nota congiunta di Luigi Calcagnini e Lilli Gargamelli, segretari generali di CISL – Federazione Università e FLC-CGIL:
L’università italiana è al centro di un insieme di azioni e scelte politiche di Governo destinate a mutarne radicalmente il profilo e la missione. I provvedimenti già adottati e quelli in corso di predisposizione, a partire dalla Legge 133/08 per arrivare al Ddl Gelmini attualmente in discussione al Senato, mordono profondamente nella carne del sistema universitario, attaccano in profondità i punti nevralgici del suo funzionamento, e determinano un’alterazione genetica radicale della sua identità.

Il taglio del finanziamento programmato fino al 2013 dalla Legge 133/08 è solo in parte ascrivibile alla logica del risparmio che ha colpito tutta la spesa pubblica. In realtà c’è, nella logica del Governo, anche l’idea di usare la leva finanziaria per “domare” un sistema troppo autonomo, in qualche modo percepito come non amico, o non sufficientemente amico, o decisamente ostile, per la libertà critica che istituzionalmente esprime. Il taglio, oltre a fare cassa, mette il sistema universitario di fronte ad un’alternativa drammatica: o sottomettersi e cooperare al progetto di Governo di ridisegno dell’identità di sistema, o lottare per l’autonomia e la sopravvivenza.

Di fronte all’attacco profondo alla natura pubblica, autonoma e democratica del sistema, esiste a nostro avviso un’unica strada: un’azione coerente e coordinata di tutti gli atenei, e di tutti coloro che nell’università operano, per riconquistare un terreno di agibilità e sostenibilità del funzionamento. Purtroppo finora non è andata così: la gravità della situazione ha stentato a farsi strada nella consapevolezza degli attori, e la stessa rappresentanza istituzionale del sistema, la Conferenza dei Rettori, non ha prodotto iniziative all’altezza dei problemi in campo.

Il Governo ha lavorato bene: la martellante campagna contro l’università baronale, sede primaria di ogni genere di nequizie, si è accompagnata con la scelta oculata di parole d’ordine del tutto vuote di significato, ma utili a corroborare l’immagine del Governo del “fare”, che affronta di petto i problemi, e ristabilisce ordine, merito e trasparenza. Per questo, il processo di smantellamento dell’università si sta realizzando in una bolla di silenzio, con un’opinione pubblica del tutto disinformata e non avvertita delle conseguenze a lungo termine dell’azione di Governo, quando non esplicitamente e ideologicamente prevenuta.

A nostro avviso, non è il momento di lavorare di cesello su un impianto che ha bisogno di qualche messa a punto. È il momento di contrastare una vera e propria contro-riforma, e riaffermare i nodi veri che l’università dovrebbe affrontare quali: meccanismi di finanziamento, reclutamento ordinario e straordinario, modelli di stato giuridico, diritto allo studio, forme di governo efficace e partecipato, offerta didattica, valutazione e riconoscimento del merito e della qualità. 

Nel progetto di Governo, la risposta alla difficile sfida dell’equilibrio tra università di massa e università di qualità è formulata in modo brutalmente semplificatorio: un’università ridotta nei numeri, povera di risorse pubbliche, governata in modo autoritario e centralizzato da piccole élites, fortemente sottoposta al centralismo ministeriale, in cui il lavoro servile dei precari e degli stessi ricercatori si consolida come modalità stabile di funzionamento, senza reclutamento che nei prossimi anni sostituisca i tanti pensionamenti previsti. Un’università senza qualità, abbandonata a se stessa.
 
Inoltre, anche i ricercatori dell’Università di Urbino “Carlo Bo” aderiscono alla mobilitazione indetta dal Coordinamento Nazionale dei Ricercatori e dai Sindacati nella settimana dal 17 al 22 maggio.

In particolare, per la categoria dei ricercatori la riforma comporta un’ulteriore penalizzazione che si sostanzia nella mancanza di riconoscimento dello statuto di docente a fronte dell’attività didattica svolta, motivo per cui molti ricercatori hanno già espresso formalmente la loro indisponibilità a ricoprire incarichi didattici per il prossimo anno accademico. L’iniziativa, oltre a ribadire le ragioni della protesta, si pone l’obiettivo di ottenere la condivisione delle istanze dei ricercatori e la solidarietà da parte di tutte le altre componenti dell’Ateneo.

dalla CGIL – Marche

Redazione Pesaro Notizie
Pubblicato Martedì 18 maggio, 2010 
alle ore 16:30
Tags
Come ti senti dopo aver letto questo articolo?
Arrabbiato
In disaccordo
Indifferente
Felice
D'accordo

Commenti
Ancora nessun commento. Diventa il primo!
ATTENZIONE!
Per poter commentare l'articolo occorre essere registrati su Pesaro Urbino Notizie e autenticarsi con Nome utente e Password

Già registrato?
... oppure Registrati!