Urbino: intervista a Ilio Trafeli, organizzatore del convegno sul giornalismo minacciato
Il convegno è frutto del lavoro fatto insieme ad un laureato di questo stesso ateneo: è un esempio interessante di collaborazione fra studenti e professori.
D’altro canto, chiedersi se il giornalista minacciato cede o no alle pressioni vuol dire farsi la domanda chiave rispetto alle condizioni in cui la libertà di stampa è garantita. E oggi in Italia non è una questione banale”.
L’evento anche se si svolge fra le mura delle sedi universitarie, non è rivolto solo agli studenti, è così? “L’evento si svolge utilizzando le strutture dell’università perché è diciamo il nostro ambiente naturale. Le tematiche non sono affatto “universitarie” come per altro evidente dal tipo di relatori invitati: tutti giornalisti professionisti, certo moderati anche da esponenti del mondo cattedratico urbinate. Ma d’altro canto, l’università non è fuori dal contesto civile, anzi dovrebbe esserne un fulcro, un motore di riflessione e libertà…”.
Ci saranno tre incontri nell’arco di due giorni, oltre alla proiezione di due film e ad uno spettacolo teatrale sulla figura di Peppino Impastato: come avete scelto gli ospiti e la forma da dare ad ogni momento del convegno? “Beh, siccome l’obiettivo è quello appunto di chiedersi sinceramente a quali condizioni il giornalista minacciato può continuare a fare liberamente il proprio mestiere, allora abbiamo invitato persone che hanno esperienza diretta relativamente alla fatica di essere coerenti, e a che prezzo.
Conduciamo anche riflessioni intorno alle forme storiche di addomesticamento della stampa libera, proprio per cercare sostanza al ragionamento di fondo, che in sintesi è che i giornalisti non cedono se non cede la società civile che sola può proteggerli.
dall’Ufficio Stampa Giornalismo Minacciato
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