Femminismi interviene sull’omicidio della donna a San Lorenzo in Campo

Quante di queste vicende abbiamo letto? Quante di queste notizie ci riempiono le orecchie? Di fronte a questa emergenza il linguaggio con cui i media danno le notizie e si interessano dei fatti, è determinante. Quando un uomo uccide la sua ex “perché lo ha lasciato”, o per gelosia, o per motivi di proprietà, non si può parlare in termini generali di “raptus”, si deve condannare questo fatto e chiamarlo per quello che è, si tratta di un reato di genere, di un omicidio che troppo spesso è protetto dai discorsi “medici” su istinto e violenza o disagio (il poverino è “sotto shock”), si tratta di un omicidio senza prova di appello, senza motivo, si tratta di una piaga della società di una gravità inaudita … di un peso che grava sulla testa di tutti e di tutte quelli, quelle che pensano che sia normale che le donne siano trattate come oggetti, come immagini, come proprietà di qualcuno.
La libertà è soprattutto quella di dire no, di decidere per la propria esistenza, di non accettare che questi atti di violenza vengano giustificati da una cultura che teorizza il “troppo amore” che giustifica in qualche maniera la punizione della donna, il “troppo desiderio” che giustifica lo stupro, come se noi donne fossimo oggetti su cui è lecito prevedere un eccesso di proprietà maschile.
Come se gli uomini fossero, nei casi del femminicidio, giustificabili in quanto mentalmente “instabili”, mentre in altri tipi di violenza e omicidio queste attenuanti non vengono certe prese in considerazione! Non si dice “uccide il negoziante perché colto da raptus in quanto “ama troppo il denaro”, e invece quando una donna viene uccisa subito la “passione” all’italiana stende sulle cronache locali un velo di accettazione culturale del fatto.
Alcuni dei casi nella nostra provincia: una ballerina uccisa a martellate dal convivente perchè “non voleva cambiare vita”: si chiamava Sofia, era il 2008, lei aveva 21 anni. Franca aveva 53 anni, il marito è venuto da Padova per freddarla con due colpi di pistola. Varvara era moldava e aveva 45 anni, era il 2005, l’omicida aveva avuto una breve relazione con lei. Tutte e tre uccise a Fano. Mariangela aveva la sua stessa età, è stata uccisa a Urbania da un “amico” a cui aveva “detto di no”, era il 2009. Donatella aveva 36 anni, è stata uccisa dal fidanzato che “aveva paura che lei non lo amasse più”. A Saltara.
E le vittime del femminicidio, dall’inizio di quest’anno, in Italia sono oltre 103. E’ ora di dire basta. E’ ora di cambiare questa cultura.
Per info: Femminismi, donne di Fano, Pesaro, Urbino, //femminismi.wordpress.com
dall’Associazione Femminismi
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