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Università di Urbino: concluso il Corso di Italiano per i detenuti stranieri del carcere di Montacuto

Un progetto per il reintegro socio-culturale dei detenuti stranieri

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Emozioni forti e tanta partecipazione alla consegna degli attestati finali del corso di Lingua e Cultura Italiana per detenuti stranieri, promosso presso il carcere di Montacuto nell’ambito del progetto D.I.L.: DIRITTI E INTEGRAZIONE LINGUISTICO-CULTURALE, grazie ai fondi stanziati dal Comune di Ancona (Settore Politiche sociali e Servizi scolastici) e dal Dipartimento di Studi Internazionali (Scuola di Lingue) dell’Università degli Studi di Urbino Carlo Bo. Alla consegna era presente anche il prof. Bryan Cracchiolo, docente di Italianistica presso la State University of New York (New Paltz), che si è detto colpito da questo virtuoso esempio di collaborazione tra ricerca e territorio. Il progetto, diretto dalla Prof.ssa Antonella Negrie coordinato dalla Dott.ssa Maria Elisa Montironi dell’Università di Urbino, è stato condotto dai docenti Marco Manzo e Daniele Oreficini, entrambi alumni del master “Insegnare Italiano a Stranieri: Scuola, Università, Impresa” (Urbino) e ha trattato principalmente il tema della cultura culinaria, non solo italiana, ma di tutti i Paesi di provenienza dei corsisti, nell’ottica di un confronto cross-culturale. Il risultato si intitola “Ricette da dove non ti aspetti. Piatti multiculturali e ricette di vita dalla casa circondariale di Montacuto”, la cui pubblicazione è prevista per il mese di ottobre.

Secondo i dati forniti dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, aggiornati al 31 ottobre 2013, attualmente gli stranieri presenti nelle strutture penitenziarie italiane costituiscono il 35,1% della popolazione carceraria totale. Come si può ben immaginare, nella quotidianità della vita carceraria tale dato è gravido di conseguenze. Per gli operatori carcerari, infatti, è complesso comunicare con i detenuti non italofoni. I detenuti stranieri, al contempo, non riescono ad esprimere le loro esigenze, tendono ad avere una bassa motivazione alle attività formative e ricreative promosse dal carcere e più in generale all’integrazione nel contesto in cui vivono, così come una bassa consapevolezza dei servizi di supporto offerti dalle strutture pubbliche all’interno e all’esterno del carcere.

Proporre, nelle strutture penitenziarie un corso di lingua e cultura italiana (L2), in cui le culture di provenienza dei corsisti vengono valorizzate, si presenta come un primo passo verso la risoluzione di tali difficoltà, nell’obiettivo di ottenere una sorta di riorientamento del detenuto sia su un piano culturale che sociale. Si tratta di un’operazione efficace anche per il Paese, in quanto ciò, secondo alcuni studi statunitensi, porterebbe ad una diminuzione del tasso di recidiva, proprio per l’acquisizione interiore di un volontario stile di vita che ambisce a un’integrazione non imposta, ma voluta.

Mauro Giorgio
Pubblicato Venerdì 8 agosto, 2014 
alle ore 16:57
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