Prosegue la battaglia del Comune di Pesaro per mantenere in città i servizi di salute mentale
Il sindaco Biancani: "In questi ultimi giorni mi stanno arrivando tanti messaggi da parte delle famiglie sul tema"
«Difenderemo il mantenimento dei servizi per la salute mentale in città». Il sindaco Andrea Biancani e l’assessore alle Politiche sociali Luca Pandolfi, ribadiscono nuovamente la loro contrarietà allo spostamento delle strutture dedicate – il centro diurno il Gabbiano e la Cittadella della salute mentale (composta dalla Rsa “Tomasello”, dalle comunità protette maschile e femminile, dalla Struttura Residenziale Riabilitativa) – e dei circa 100 posti che contano le stesse, fuori dal territorio comunale dopo la segnalazione arrivata a mezzo social da un’ospite delle strutture, che martedì ha pubblicato un appello su Facebook per mantenere le sedi a Pesaro e dopo i tanti messaggi inviati dai familiari coinvolte.
«Oltre all’appello video della signora – spiega Biancani -, in questi ultimi giorni mi stanno arrivando tanti messaggi da parte delle famiglie sul tema, come fosse il sindaco a poter decidere e scegliere dove trasferire i servizi per la salute mentale. In realtà l’Amministrazione comunale aveva già sottoscritto dove spostarli, ma ad oggi, le sedi dove attualmente verranno portati non corrispondono a quelle indicate. Come sindaco, non ho il potere di poter decidere, sono servizi gestiti direttamente dalla Regione e dall’Ast, che ha il compito di individuare le soluzioni. Nonostante questo, sono anni che mi sono fatto carico del problema, e continuerò a farlo anche oggi, pur nella consapevolezza di non avere l’ultima parola».
Il sindaco Biancani e l’assessore Pandolfi tornano dunque a chiedere alla Regione «di prevedere la collocazione dei servizi vicine tra loro, all’interno del comune di Pesaro, in sedi dove sia possibile per i pazienti sviluppare delle relazioni con il contesto sociale, come accaduto finora e come auspicano utenti, familiari e personale».
In attesa delle collocazioni individuate nell’Accordo di programma siglato nel 2022 tra Comune, Regione ed Ast, la Regione ha infatti previsto lo spostamento a Vallefoglia dei servizi. «Una scelta che ho sempre contestato, sin da quando ero Consigliere regionale» precisa il sindaco Biancani che aggiunge: «Sono passati 4 anni da quando si è insediata la giunta regionale, altrettanti da quando ha presentato il progetto di realizzazione del nuovo ospedale che comporta lo spostamento di tutti i servizi, non solo quelli per la salute mentale, 2 da quando è stato firmato l’Accordo di programma. Nonostante il tanto tempo avuto a disposizione, la Regione, in assenza di una programmazione negli ultimi anni, individua solo oggi strutture inadeguate, in cui far traslocare i servizi della salute mentale». E ancora, «Lo spostamento avrebbe richiesto una riflessione ben più seria di quella fatta. Gli ospiti che frequentano le strutture e le loro famiglie, che abbiamo incontrato più volte, sono persone fragili, a cui i cambiamenti dell’ambiente riabilitativo creano forti criticità. La Giunta Acquaroli non ha pianificato quanto doveva, nei tempi giusti».
«Solo negli ultimi mesi – aggiunge il primo cittadino – la direzione sanitaria di Ast, ha realmente affrontato la situazione cercando delle soluzioni anche alla luce delle proposte che, come Amministrazione comunale, abbiamo presentato per evitare uno spostamento che crea notevoli disagi, soprattutto alle famiglie». Per scongiurare il trasferimento, la giunta Biancani aveva proposto delle sedi alternative (alcune delle quali presenti anche nell’Accordo siglato nel 2022): «Casa Roverella, l’ex ostello a Fosso Sejore, Galantara, l’ex manicomio e l’edificio dei Padri Comboniani, che però Ast ha dichiarato non essere disponibile. L’obiettivo era appunto non spostare fuori Pesaro i servizi. Una soluzione che abbiamo sempre reputato sbagliata, sia per gli utenti e le loro famiglie, sia per gli educatori».
«Ora che i tempi sono stretti, ci auguriamo che la Regione riesca a trovare le soluzioni migliori per utenti, famiglie ma ritengo anche per gli educatori che ci devono lavorare e per tutti coloro, ad esempio gli psichiatri, che devono abitualmente raggiungere i servizi coinvolti» concludono Biancani e Pandolfi.
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